martedì 28 ottobre 2014

INTERVISTA A GIOVANNI FURORE PROMOTORE DI "THE END A FILM MAGAZINE" PRIMA RIVISTA DI CINEMA GRATUITA IN COLOMBIA

Oggi  vi parlo di Giovanni Furore, un giovane cineasta italiano che si è trasferito in Colombia.

E del suo progetto “The End a film magazine”, la prima rivista gratuita di cinema distribuita nel Paese.

Giovanni, è nato il 27 ottobre del 1981, a Cava de’ Tirreni, provincia di Salerno.

Dove ha vissuto fino ai 19 anni, quando ha deciso di seguire la sua passione per il cinema e di trasferirsi a Roma dove frequentato il Centro Sperimentale di Cinematografia.

Dopo varie esperienze nel settore, nel 2011, ha deciso di trasferirsi a Bogotá capitale della Colombia.

Ed è lì che ha creato “The End a film magazine”, la prima rivista gratuita di cinema distribuita nel Paese.

Ha continuato,poi, a collaborare con produttori e sceneggiatori.

Il prossimo anno verrà realizzato un film da girare interamente nel piccolo villaggio di Armero, che molti ricorderanno per la tragedia della piccola Omayra Sanchez.

Realizza, con i suoi collaboratori, corsi attraverso “The End Academy”, sui temi attuali della produzione, distribuzione, sceneggiatura cinematografica.











1. QUANDO HAI SENTITO L’ESIGENZA DI LASCIARE L’ITALIA?  E PERCHÉ?

L’esigenza di lasciare l’Italia ho iniziato ad accarezzarla quando avevo 17 anni.
Ho avuto la fortuna di viaggiare per studio molto giovane, i miei mi mandavano durate l’estate in Inghilterra o in Spagna o in altri posti europei per imparare le lingue, e tornando da quelle piccole vacanze l’Italia mi sembrava sempre più un posto che non mi apparteneva.
Tornavo nel mio paese di origine (Cava de’ Tirreni) e mi sembrava di fare un salto nel passato.
L’idea mi ha inseguito anche quando mi sono trasferito per studiare a Roma, dove ho vissuto per 9 anni. La conferma poi è arrivata chiarificatrice nel 2011.



 2.HAI SCELTO IL PAESE PER LE OFFERTE DI LAVORO O LO HAI TROVATO UNA VOLTA ARRIVATO SUL POSTO?

 La Colombia l’ho scoperta perché la mia ex moglie è del posto.

 Nel 2007 sono venuto qui per conoscere i suoi genitori ed ho conosciuto un Paese

 che mi ha affascinato da subito, un amore a prima vista.

Poi in seguito, dopo varie esperienze lavorative proprie in Italia, e con la venuta 

della crisi economica, mi sono deciso per un cambio radicale e la scelta non poteva 

che essere quella della Colombia.

Il Paese, nonostante abbia i suoi problemi che non sto qui ad elencare, offre 

possibilità interessanti.

Un mercato vergine per certi settori, tutto da esplorare e/o sviluppare.

Nel 2011 sono venuto a vivere a Bogotà, città che non mi ha mai convinto al 100%. 

Io ho conosciuto meglio Medellin, città che amo.

Ma Bogotà è la capitale e le possibilità di lavoro qui sono maggiori.

Dopo qualche mese finalmente anche Bogotà ha fatto breccia nel mio cuore, e non riesco adesso più farne a meno.



 3. COSA OFFRE IN PIU’ IL PAESE IN CUI ABITI ORA RISPETTO ALL’ITALIA?

  La Colombia offre alcuni vantaggi: il primo è che c’è un entusiasmo tangibile per

  via dello sviluppo economico attuale.

 Secondo perché c’è un certo mutamento nella ri-organizzazione delle  classi sociali, 

(qui ne esistono 6) per cui se uno riesce a leggere questi mutamenti, può leggere 

anche tutta una serie di nuove necessità in cui poter piazzare il proprio business.

 A volte idee che da noi sono come “l’acqua calda”, qui possono essere pioniere.

 Ad esempio io qui ho fondato una rivista specializzata in cinema. 

 È praticamente l’unica qui in Colombia (escludendo le pubblicazioni accademiche).

 “The End A Film Magazine” sarebbe stato un progetto impossibile in Italia.



 4.   ESISTONO SVANTAGGI NEL PAESE CHE HAI SCELTO?

 Gli  svantaggi sono legati all’aspetto culturale.

 Se da un lato abbiamo un predisposizione allegra, entusiasta, che riesce a 
 mitigare atteggiamenti formali con quelli informali, qualche problema in più sorge 
 sotto il profilo della gestione del tempo.

 Può essere frustrante un certo modo Colombiano di gestire le trattative, le
 relazioni lavorative e la poca chiarezza nelle comunicazioni verbali.

 Ad esempio: qui le trattative sono molto lunghe, non si va facilmente al nodo della 
 questione e si procrastinano le cose.

 I Colombiani hanno un difettuccio, se così vogliamo chiamarlo: non sono capaci 
 di dire di no chiaramente.

 Se un accordo non va in porto, è sicuro che una della parti scompaia o si faccia
 negare al telefono, o trovi scuse per non poter dire, ad esempio: “non siamo più
 interessati”.

 Questo rende talvolta le cose difficili, a fronte in cambio di una gentilezza estrema
 nelle relazioni, che a fin dei conti risulta superflua.


  5.  VIVONO MOLTI ITALIANI IN COLOMBIA?

  Non ho molti amici Italiani qui, non credo ce ne siano molto, sicuramente molti 
  meno di quanti ce ne siano in Brasile o in Argentina.

  Anche se ultimamente mi sembra di vedere attraverso vari gruppi Facebook che il 
  numero sta aumentando.



  6. SEI FELICE DI AVER FATTO QUESTA SCELTA?

  Sono felicissimo. Non ho intenzione di tornare in Italia.

  Preferisco soffrire certe mancanze che subirne di ben peggiori.

  Diciamo che la mia decisione influisce direttamente sul mio stato psico-fisico.

  Ho molti amici in Italia che sono depressi e tristi perché non riescono, ed ormai 
  non vogliono, creare impresa o gioire della vita, degli amici, realizzare i propri 
  sogni.

  Vivono in uno stato che io chiamo “limbo culturale della ragnatela”.

  Sono intrappolati in una specie di gomma appiccicosa depressiva che non gli 
  permette di poter gioire neanche più della bella vita all’italiana, che un tempo
  almeno ci consolava.




  7. COME VIVI LA LONTANANZA DALLA FAMIGLIA?

   La vivo molto bene. Con Skype e Whatsapp ormai parlo con la mia famiglia ogni 
   volta che ne abbiamo voglia.


   8.TORNI SPESSO IN ITALIA?

   Ci vado poco. Cerco di evitare a dire il vero.

    L’ultima volta sono rimasto 6 mesi ed è stata una esperienza traumatica.

    Perché? Beh, vedere amici di  30 anni laureati, depressi, anche un po’ troppo legati

    alla mamma, o alla ragazza, o al paesello (che a volte è la    capitale o anche una

    grande città), mi fa rabbia.

    Forse tornerò la prossima estate, ma solo per una vacanza di 20 giorni.

    Diciamo che al momento sul mio stato Facebook potresti leggere: “Giovanni ha

    litigato con l’Italia”.

    Questo anche perché quando torno, al solo accendere la tv mi viene l’orticaria.

    Oppure ad una domanda di un amico che mi chiede: “Ma com’è la ColUmbia?(E 
    non Colombia).

   Si parla il portoghese lì?(mentre qui si parla un ottimo Spagnolo)” Ecco in quel
   momento vorrei scomparire. 




9.CONSIGLIERESTI AI TUOI AMICI DI TRASFERIRSI ANCHE LORO NEL PAESE CHE HAI SCELTO?

Lo faccio spessissimo. Ma non è un paese per tutti. Sono venuti a trovarmi vari 
amici che ne sono rimasti folgorati, nel senso positivo.

Il viaggio li ha come risvegliati da un torpore, li ha stimolati di nuovo a credere in se
stessi ed a pensare di poter fare qualcosa qui, sia dal punto di vista lavorativo che
soprattutto dal punto di vista personale.

Inutile dirti che poi, una volta tornati in Italia, la ragnatela li ha di nuovo accolti nello
stato vegetativo in cui si trovavano.


10.ESISTE LA MERITOCRAZIA IN COLOMBIA?

        No. Posso dire con certezza che non esiste. 
        Qui la raccomandazione arriva ad essere superiore a quella Italiana.
        Ma facendo leva su un certo fascino da “straniero” talvolta si riesce a godere di
        alcuni vantaggi, sempre se questo “fascino” venga centellinato in maniera
        corretta ed educata, rispettando la cultura locale.


11.CI SONO OFFERTE DI LAVORO PER I GIOVANI? SE SI, IN QUALI SETTORI?

       Non saprei dirti con certezza. 

       Nell’ambito delle perforazioni petrolifere sicuramente si. 

       Ho amici che lavorano molto in quel settore. 

       Tutti gli amici stranieri che conosco qui lavorano per grandi multinazionali.

       A livello locale, certamente, ci sono possibilità se si è altamente qualificati.

       Sul lato accademico ad esempio ci sono ampie possibilità. 

       Qui sono molte le università private che non richiedono un
        
       “pedigree” generazionale per poter insegnare.

       Anche a me è stato offerto varie volte di dare dei corsi, ad esempio. 

       Le possibilità più interessanti sono quelle relative a nuove imprese.

       Analizzare il mercato per aprire qualcosa “in proprio” non è una malvagia idea.  

       Anche solo mettere su un ristorante potrebbe dare dei risultati.

     Attenzione però: se si crede di venire qui con pochi soldi per aprire un “buco” che      fa pizze, allora sarebbe meglio desistere. 

    Come dico sempre a tutti, la Colombia non è economica e sarebbe sempre meglio,     prima di trasferirsi, fare un’attenta valutazione dei rischi e del mercato. Conoscere       la città in cui ci si vuole vivere con una vacanza lunga di 3 mesi, aiuta di certo.             Meglio se di 6 mesi (3+3).


12.È IMPORTANTE IL TITOLO DI STUDIO?

     Si, come dicevo è molto importante. Qui badano molto al CV.



13.PENSI DI RIMANERE Lì PER SEMPRE O TORNERAI IN ITALIA?

     Al momento penso di rimanere, e questo pensiero sembra essere proiettato ad            almeno altri 5 anni.
     In Italia sicuramente tornerò, ma non credo per avere una vita lavorativa/personale      continuativa.
     Penso che l’ideale sarebbe un salto ogni anno nei mesi caldi, per incontrare i               familiari.


14.SECONDO TE COSA DOVREBBE CAMBIARE IN ITALIA?

      Bella domanda. Posso dire, tutto?

   Non saprei risponderti in dettaglio, dovrebbe cambiare la politica: un cambio è            d’obbligo perché a volte mi   sembra meglio la politica di un paese del terzo mondo    che quella che esige un paese come l’Italia.

   C’è un provincialismo che a volte è davvero anacronista.

  Il torpore di cui ti parlavo prima, quello stato di non vita che muove le persone per       inerzia, senza passioni, senza soprattutto la capacità di avere una visione più ampia,   più a lungo termine, e anche più ambiziosa.

  L’ambizione sembra essere sparita.


 Ti parlo di un’ambizione non personale, ma più generale ed ampia, quella di creare  qualcosa di meglio per tutto e tutti: nelle relazioni, nel lavoro, nella società, nella        famiglia. 

Nessun commento:

Posta un commento